Il sogno
«C’era una volta un ragazzo. Come tutti i suoi coetanei aveva un sogno nel cassetto.
D’altra parte, chi non ne ha? Tutti ne hanno almeno uno, infatti. A meno che non si abbia nemmeno il cassetto per riporvelo. Voglio dire: non è mica scontato!
Comunque il nostro ragazzo, che il suo cassetto poteva permetterselo, iniziò a fare di tutto per far sì che il suo sogno si tramutasse in realtà.
Di punto in bianco, cominciò a vedere la scuola in modo diverso. Non ci andava più solo per obbedire ai genitori, per guadagnarsi lo scooter o la play-station; neppure perché era obbligatorio o perché se non ci andava almeno due volte la settimana, le avrebbe buscate dai suoi.
No, niente di tutto questo: lui, da un giorno all’altro, decise di andarci perché si convinse che sarebbe stato indispensabile per raggiungere il tanto agognato obiettivo.
Certo, fu un bel salto di qualità, non c’è che dire! Ragazzo maturo, dunque? Ragazzo fortunato, potrete pensare voi?
La crisi
E invece, macché! Un giorno, quella che era sempre stata la normale fatica dello studio sembrò moltiplicarsi fino a innalzarsi come un muro insormontabile. Nello stesso tempo, i risultati ottenuti non corrispondevano in ugual misura allo strenuo impegno e alle ore spese sui libri. Infine, perfino gl’insegnanti, i compagni, i genitori e pure gli amici che gli consigliavano di non mollare, diventarono tutti, ai suoi occhi, nemici coalizzati contro di lui, per farlo soffrire ancora di più. Cominciò a sentirsi solo, sconfitto, deluso e fallito.
Tutta la sua ambizione fu sotterrata e nascosta da un mucchio di paure e dalla disperazione; il suo sogno personale diventava sempre più lontano e inaccessibile. Era come archiviato entro quel cassetto chiuso a chiave. E la chiave? Beh, quella sembrava persa per sempre… tanto che, non trovando più alcuna ragione valida per andare a scuola, smise semplicemente di andarci. Seguirono dei giorni da incubo, durante i quali qualche volta pensò pure di farla finita.
Lavoro e servizio
Per sua grande fortuna venne salvato da un lavoro che gli fu trovato.
Anche nell’azienda che l’aveva accolto, all’inizio, si sentì molto insicuro nel compiere i primi passi. Poi però, si ambientò e imparò a compiere tanti piccoli lavoretti, non difficili ma comunque indispensabili per il buon funzionamento della ditta.
Si dedicò al lavoro per due lunghi anni, durante i quali non volle nemmeno sentir parlare di libri o di scuola. Il lavoro lo distraeva dai suoi cattivi pensieri e gli permise, giorno dopo giorno, di ritrovare stima in se stesso.
Poi fu chiamato alla leva, poiché tanto ragazzo più non era, bensì un giovane, dalle speranze ancora un po’ confuse, ma pur sempre giovanotto.
Per fortuna, in tutti questi anni di tribolazione, non aveva ancora perso la sua grande sensibilità verso gli altri che, anzi, forse s’era addirittura acuita. Per questo, preferì dedicarsi al servizio civile, piuttosto che a quello militare, per i successivi 10 mesi.
Per una serie di circostanze, non fu destinato a quel Centro comodo nella sua città, vicino o casa, dove aveva trascorso il periodo di prova, bensì in un paese di provincia. Qui, oltre che a servire gli anziani in una casa di riposo, si dice che si ritrovò nientepopodimenoche ad insegnare, proprio così, ad aiutare a studiare ragazzi un po’ più giovani di lui, nei pomeriggi dopo la scuola!
Subito si chiese: “Ma come posso io aiutare questi ragazzini se anch’io ho fallito con lo studio?”. Dopo i primi tentativi capì che proprio questo suo stato di “temporaneo fallimento” lo faceva sentire più vicino a loro, contribuiva a comprenderli meglio, insomma, a “farsi più uno” coi ragazzini con cui aveva a che fare. E si lanciò in questa nuova avventura, contento di poter fare qualcosa per gli altri.
Ben presto, spiegando alcune lezioni, si rese conto di avere in fondo, molte cose da insegnare.
Ma pure molte erano quelle che avrebbe voluto imparare, per poterle meglio spiegare…
E poi tutti quegli anni di studio senza un misero “pezzo di carta” che li testimoniasse, senza un documento ufficiale da far valere…
Tutti questi pensieri gli turbinarono in testa finché, lentamente, cominciò a cambiare idea, nei riguardi di un suo eventuale ritorno fra i banchi.
La svolta
La svolta della sua vita, avvenne proprio durante la dedizione agli altri e nel servizio verso chi, in quel momento, aveva più bisogno di lui. Ma quel che fu ancor più importante per il nostro ragazzo fu scoprire che ci fosse sempre e comunque qualcuno ad aver bisogno di lui.
Ancora non lo sapeva ma… aveva ritrovato la chiave!
Sempre senza rendersene conto, riaprì il suo cassetto segreto, rispolverò con un rapido soffio quel che c’era dentro e, dopo un colpo di tosse, solo ora si accorse che il fatidico cassetto s’era riempito anche di altri sogni più piccoli e altri ancora, sempre più piccoli, potevano esservi contenuti tranquillamente.
Fu allora che si fece coraggio e prese dentro di sé la solenne decisione di provare a realizzarli uno alla volta, partendo da quello più piccolo di tutti.
Primo fra tutti scelse quello di vivere il servizio civile non come un’imposizione, una perdita di tempo (secondo l’opinione generale), ma come un’esperienza unica, facendo in modo che diventasse uno dei periodi indimenticabili della sua vita. E così fece, e così fu.
Infine, giunto al termine di quei stupendi 10 mesi in cui tanto aveva dato ma più ancora sentiva di aver ricevuto, passò a considerare seriamente l’ipotesi di ritornare a scuola: ormai s’era convinto, era deciso a concludere i suoi studi con un diploma.
Nel frattempo, quasi a confermare questa sua scelta, era giunta la notizia del trasferimento presso altra città della ditta alle cui dipendenze era rimasto e presso cui avrebbe dovuto riprendere il lavoro. Compì in rapida sequenza due scelte decisive: si licenziò e si iscrisse ad un corso serale che lo avrebbe condotto al diploma di scuola superiore con un indirizzo diverso, più semplice e tecnico rispetto a quello intrapreso prima del lavoro. In pratica abbassava un po’ il tiro, ma in sostanza, il livello di impegno necessario non cambiò molto.
Il serale
D’altra parte, gli dispiaceva rompere col mondo del lavoro in maniera così categorica, per questo scelse il corso serale che gli avrebbe permesso di trovarsi un altro lavoretto, meno impegnativo in termini di tempo e più vicino a casa.
Fu questa una scelta carica di tutto il rischio dell’azzardo. Le emozioni di quella sera di settembre in cui riprese la scuola, erano davvero tante e controverse. Egli faceva i conti con l’incognita del futuro, ma pure col ricordo vivo delle “scottature” riportate nella sua precedente esperienza scolastica, le cui “cicatrici” rivedeva sempre dentro di sé, qualora si facesse prendere dallo sconforto.
Ma era pure una scelta carica di una speranza immensa, che gli derivava dalla decisione di fidarsi. Già, ora si fidava di sè, dei genitori, degli amici più cari, ma soprattutto di quell’Amico con cui aveva ritrovato un rapporto profondo, quell’Amico tanto speciale da cui non si era sentito mai abbandonato, quell’amico che da lassù in Cielo lo aveva guidato dolcemente fin qui, passo dopo passo.
L’inizio del miracolo
Beh, quel che successe dopo è degno di essere raccontato come un vero miracolo. Le materie in cui anni prima prendeva 4 o 3 o altri votacci, ora gli davano soddisfazioni tanto inaspettate quanto superlative; le materie nuove, mai studiate, gli suscitavano grande interesse; perfino il rapporto coi professori fu da subito completamente differente, perché non vedeva più in loro dei giudici o dei dittatori, bensì persone che avevano qualcosa da insegnare e lo facevano con tutta la serietà e la passione possibile. Per non parlare dello stimolo incredibile che il nostro giovane eroe (ormai possiamo dirlo) riceveva dall’esempio dei compagni di classe. Compagni un po’ speciali, non perché eccellessero nel profitto scolastico, ma per l’impegno, la dedizione, la forza di volontà straordinari che dimostravano. Infatti erano tutti lavoratori che, dopo 8-9 ore di lavoro, si costringevano a studiare per raggiungere un diploma, fondamentale per la loro dignità personale, prima ancora che professionale.
Mese dopo mese, il nostro eroe dimostrò la pasta di cui era fatto: cominciò a collezionare bei voti e successi.
Fu a questo punto che si rese conto di voler approfondire meglio quegli argomenti e che valeva la pena di sfruttare al meglio il suo tempo (visto che aveva rinunciato a cercare lavoro) e questo era possibile solo passando a studiare “a tempo pieno”.
Il “risveglio” e…
Fu così che si compì un altro dei suoi piccoli sogni, quando decise di frequentare gli ultimi due anni al corso diurno, sebbene questo comportasse perdere alcuni compagni fra i migliori che avesse mai avuto e trovarne altri con quattro anni in meno di lui.
Si trattò per il nostro mitico giovane della “prova del nove”, la prova autentica del ritorno in una scuola. Anche qui andò tutto bene! Certo si sentì la differenza, ma oramai il nostro giovane era pronto a tutto e preparato a superare ogni situazione.
C’è da dire che, neppure durante questi anni di successo, non mancò mai di rendersi utile verso il prossimo, di condividere le sue conoscenze con i suoi compagni con meno tempo di lui prima e con quelli più giovani e inesperti poi.
Arrivò poi la preparazione all’esame. Ormai si sentiva sicuro di poterlo superare con tranquillità, ma ciò non tolse nulla al sopraggiungere di ansia ed emozione che salivano man mano che si avicinava la data d’inizio. Avvertì tutto questo perché era ancora umanissimo, ma per la prima volta non fu sopraffatto dalla paura!
Durante tutto l’anno e specialmente nell’ultimo periodo di preparazione, dovette fare parecchi sacrifici come tagliare drasticamente il tempo prima riservato agli hobbies o allo sport; studiare di più e meglio, specialmente le materie a lui meno congeniali e più ostiche, senza per altro trascurare quelle in cui si sentiva più sicuro.
… il compimento del miracolo
Preparatevi a leggere un capitolo fondamentale di quella bellissima storia che stava diventando la sua vita.
Le prove d’esame si susseguirono piuttosto rapide nella calura estiva. Fin dalle prime battute i risultati furono positivi, anzi, straordinariamente e incredibilmente ottimi: nelle tre prove scritte, una più impegnativa dell’altra, totalizzò lo strabiliante punteggio di 43/45!
Inoltre, in rappresentanza di tre magnifici anni scolastici (3^, 4^e 5^), ottenne il massimo dei punti di credito, cioè 20/20.
Per questo, al colloquio si presentò con un giusto cokctail di ansia, insonnia, e tranquillità derivante dall’ultima indigestione di ripasso generale.
D’altra parte, come gli ricordò simpaticamente un professore prima dell’ultima interrogazione, i punti accumulati gli permettevano già di superare l’esame (63/100)…
Passò anche quella fatidica benedetta ora di un mattino di luglio.
L’impressione che gli insegnanti lo salutassero soddisfatti lo accompagnò felicemente nei giorni di completo relax che seguirono il giorno del colloquio orale.
Poi, successe l’insperato, quello che nessuno osava predire, né scaramanticamente pensare…
Una sera era a cena con amici, quando da una telefonata ad un compagno di classe ricevette i risultati del suo esame di maturità, conclusosi appena il mercoledì precedente.
Ecco dunque la sorpresona, la grande emozione, mista a curiosità e apprensione per il concludersi di un lungo ciclo, durato più del previsto (ma che gli diede, del resto, molto più del previsto):
dall’altro capo del telefono la voce “schifata” del suo amico recitava: “Signor capotecnico lei ha preso:
“Cento/100esimi”!
Già si prefigurava il risultato comparire a caratteri dorati e scintillanti…
Ma la sorpresona non finiva qui. Infatti, ecco arrivare pure la ciliegina sulla torta: a sentire il suo compagno, oltre al raggiungimento del massimo voto compariva sotto i quadri un cartello che recitava:
“(*)La Commissione attribuisce all’alunno XXXXXXXX XXXXX XXXXXXXXX un encomio per l’impegno profuso durante gli anni scolastici e per l’eccellenza dimostrata nelle prove d’esame”.
All’inizio, non credeva alle sue orecchie quando glielo riferirono. Credeva piuttosto in una presa in giro o in un sogno. Non credeva neppure ai suoi occhi quando andò a leggerlo di persona per vedere che effetto faceva. Poi se ne fece una ragione.
Era un trionfo meritato con tanti anni di sofferenze e tribolazioni, era una conferma venuta dall’Alto per dirgli che aveva imboccato la via giusta, era lo stupendo panorama contemplato dalla vetta scalata con tanta fatica...
E immediatamente gli nasceva dentro, insieme ad una gioia spropositata, un profondo senso di gratitudine per tutti coloro che l’avevano incoraggiato, sostenuto, o con dure decisioni migliorato, durante gli anni di lavoro, servizio e lo studio.
Durante il lavoro e “il civile”, era nato in lui un forte senso di rivincita, per metà agonistico, per metà morale, che lo aveva spinto negli anni e lo aveva portato gradualmente a questo splendore.
Voi capite che, il risultato ottenuto dal nostro giovane assumeva, nel contesto in cui era capitato, un significato altamente simbolico.
Il momento che viveva era per lui d’importanza storica e molto solenne.
Ma ciò non significava che tutto si sarebbe fermato qui. Tutt’altro!
Aveva inizio per lui oggi, una nuova vita!
The end
Epilogo
Come certo avrete notato, probabilmente il sogno più grande del nostro giovane eroe, quello che per primo, fin da ragazzino egli aveva riposto nel prezioso cassetto, non si è ancora avverato.
Dunque, qualcuno si chiederà, perché la storia finisca qua?
Vedete cari lettori, il protagonista non ha un nome o forse è meglio dire che ha tutti i nomi!
Infatti, la sua storia può essere la tua, la mia, quella di tutti noi.
La cosa più importante per lui non era raggiungere il suo scopo. La cosa più importante era imparare ad affrontare a testa alta i pericoli, gli imprevisti, a superare gli ostacoli che sicuramente troverà ancora sul suo cammino.
Chiunque di voi abbia dei “sogni nel cassetto”, beh vi consiglio di fare come d’ora in poi farà sempre il nostro ragazzo: non lasciatevi scoraggiare mai da niente e da nessuno. Non fermatevi di fronte alle difficoltà e quando sentite che non ce la fate più, non è ancora finita: basta chiedere aiuto. Proprio questo atto di umiltà vi farà crescere e vi salverà, perché solo così diventerete veramente un uomo o una donna realizzati.»
p.s.
… sono cosciente del fatto che il traguardo non sia affatto definitivo, anzi lo interpreto come un segno di conferma (hai presente quei segni di vernice bianchi e rossi, che si trovano sui sentieri di montagna?) della strada intrapresa e ritrovata. Lo considero quindi come trampolino di lancio per una nuova avventura di studio: l’Università, dove finalmente potrò dedicarmi, seppur con qualche sforzo in più, all’ambito che sempre mi ha interessato di più, quello delle Scienze Ambientali, ambito che mi farà avvicinare sempre più al più grande dei miei “sogni nel cassetto”!
Infine lascia che giunga a te, Claudio il mio ringraziamento personale per il sostegno che anche tu, insieme a tanti altri, hai rappresentato per me in questi anni decisivi della mia vita. Grazie per la fiducia che hai saputo e voluto riporre in me.
Grazie a te e naturalmente, ancora una volta, al Babele che, se non ci fosse, bisognerebbe inventare.
Grazie a tutti gli educatori, volontari o non, che ho conosciuto e con cui ho condiviso quei mesi memorabili.
Dedico a tutti voi, questa mia vittoria di oggi!
(L’autore ha ritenuto utile divulgare questa storia per i ragazzi del Babele a scopo educativo: volentieri la pubblichiamo consapevoli che interesserà anche chi ragazzo più non è.) |